Molinas e la svolta portoghese

Molinas e la svolta portoghese

CALANGIANUS. Dal nostro inviato

Fare una barca di soldi – o meglio tante barche di sughero – sulle ceneri di una feroce dittatura trafitta dalla rivoluzione dei garofani. Per la serie: quando la Storia (con la S maiuscola) incrocia le microstorie dei piccoli-grandi imprenditori dei distretti italiani. 
In questo caso, quella di Peppino Molinas, sardo di Calangianus e futuro re del sughero. Correva l'anno 1974 e l'ala progressista dell'esercito portoghese organizzò un colpo di stato incruento per deporre il dittatore Marcelo Caetano, capo del governo e successore di Antonio Salazar. Per mesi la ricca borghesia agraria lusitana, uno dei blocchi sociali sul quale si reggeva il regime, temette che l'avvento della democrazia preludesse alla presa del potere da parte dei comunisti. Da una dittatura all'altra, insomma. Nella malaugurata ipotesi che i loro fantasmi prendessero corpo, decisero di fare cassa e mettere in vendita enormi quantità di sughero a prezzi stracciati. Premessa indispensabile: con una quota del 52%, il Portogallo è il principale produttore mondiale di sughero (seguito da Spagna col 32%, Italia con il 6 e poi i Paesi del Magreb). Uno dei big buyer dei grandi latifondisti portoghesi fu proprio Peppino Molinas, allora minuscolo ma ostinato imprenditore di Calangianus. Peppino coglie al volo l'opportunità che la storia gli scodella davanti. E grazie all'arrivo del sughero portoghese, la Peppino Molinas & figli (una femmina e sette maschi) fa il salto di qualità che la proietta tra i leader del distretto gallurese.
A ogni generazione, questa è la regola di casa Molinas, la sua intuizione. Peppino alimenta col sughero lusitano la sua botteguccia nel centro storico di Calangianus – solo nell'83 l'azienda inaugurerà la nuova fabbrica di 60mila metri quadrati – sfruttando con astuzia le paure degli agricoltori al crepuscolo del regime di Salazar; i sette figli capiscono che oltre alle foreste di querce la Sardegna possiede un altro tesoro di incomparabile valore: le sue bellezze naturali. Porti turistici e alberghi diventano la passione, a pari merito col sughero, di Giovanna-Piero-Luciano-Franco-Ezio-Ugo-Renato-Walter, che nel 1997, lasciando molto osservatori a bocca aperta, annunciano l'acquisto dalla Ciga hotels della Marina di Porto Rotondo (oltre 600 posti barca) e dello Sporting hotel. È la prima volta che un gruppo industriale isolano riesce a emergere in un settore dominato di imprenditori stranieri (l'Aga Khan) o continentali. 
Investimenti nel sughero, nel turismo e negli scali da diporto proseguono in parallelo. Il sugherificio si struttura come una vera e propria multinazionale tascabile con 600milioni di tappi prodotti all'anno e oltre 550 dipendenti sparsi per filiali commerciali di Arcole (Verona), Biebelnheim (Stoccarda) e Oporto in Portogallo. Altre due unità operative in Francia, per presidiare il mercato francese e, infine, la Molinas Argentina che si occupa del mercato sudamericano. Potrebbe, dovrebbe bastare. Ma le diversificazioni si sono allargate a macchia d'olio pure nell'enologia con la nascita di una fabbrica che si occupa di rivestire, spiega Nino Scampuddu, ex reporter del La Nuova Sardegna e capo dell'ufficio comunicazione dei Molinas, «gli ultimi venti centimetri della bottiglia». Quindi gabbie di metallo per spumanti e champagne e capsule di stagno (fino a molti anni fa erano di piombo, poi bandito per gli effetti insalubri) o di plastica per il vino. 
Di pari passo nel turismo, con l'annessione dei cantieri di Olbia e il porto di Cala Bitta che si aggiunge a quello di Punta Marana (Golfo Aranci) e la Darsena di Bosa. Una lunga sequenza alla quale non poteva mancare il luogo simbolo, la quintessenza della Costa Smeralda: la Marina di Petra Bianca a Cala di Volpe. Mezzo secolo di turismo d'élite in una sola parola.

 

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